Accolta azione collettiva di Movimento Consumatori su fatturazione a 28 giorni: per Tribunale di Ivrea è illegittima, condannata Vodafone

La compagnia dovrà informare gli abbonati dell’illegittimità delle clausole e del diritto dei consumatori ai rimborsi 

Con un’ordinanza cautelare dello scorso 29 marzo il tribunale di Ivrea, dott.ssa Claudia Gemelli, ha accolto le domande di MC che aveva richiesto di inibire a Vodafone ogni sistema di fatturazione a 28 giorni per la telefonia fissa e ogni pattuizione contrattuale che consentisse cicli di rinnovo e fatturazione per periodi inferiori al mese o a suoi multipli.

Il tribunale ha affermato che le clausole che da giugno 2017 hanno consentito la fatturazione a 28 giorni sono nulle e che l’applicazione di questo sistema è una pratica commerciale scorretta che ha gravemente danneggiato i consumatori. Per queste ragioni ha inibito l’applicazione delle clausole e dei sistemi di rinnovo e fatturazione a 28 giorni, condannando Vodafone a pubblicare il dispositivo dell’ordinanza sull’home page del proprio sito, sui quotidiani La RepubblicaLa Stampa e il Corriere della Sera e ad inviare agli abbonati una comunicazione per informarli che la fatturazione a 28 giorni è illegittima, che verrà nuovamente riportata alla cadenza mensile e che hano diritto alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte.

Come ben sottolineato nell’ordinanza, il comportamento di Vodafone, tenuto “pervicacemente in spregio dei precetti dettati dall’Agcom si colora di una gravità tale da integrare gli estremi del dolo”. Si tratta infatti di illeciti che hanno riguardato milioni di consumatori, arrecando un vantaggio a tutte le compagnie di circa 900 milioni di euro nella sola telefonia fissa.

“Questi provvedimenti – spiegano gli avvocati Paolo Fiorio e Corrado Pinna, che hanno assistito il Movimento Consumatori nella causa – fanno finalmente chiarezza sui diritti dei consumatori, in linea con la l. 172/2017 che ha imposto la fatturazione mensile e con la decisione del Tar che ha confermato la delibera dell’Agcom che, per i contratti relativi alla telefonia fissa, imponeva la fatturazione su base mensile”.

“E’ ora che finisca il braccio di ferro tra le compagnie telefoniche, i consumatori e l’Autorità – dice Alessandro Mostaccio, segretario generale MC – ora Vodafone restituisca subito quanto indebitamente percepito. In caso contrario la nostra associazione promuoverà un’azione di classe per tutelare milioni di cittadini ingiustamente danneggiati”.




Sconto Iva 22%: Movimento Consumatori chiede all’Antitrust di pronunciarsi sulla correttezza di questa pratica promozionale

Movimento Consumatori, grazie a un’indagine svolta dalla sede regionale MC Puglia, ha presentato un esposto all’Antitrust per fare chiarezza sulla correttezza di una pratica promozionale sempre più in voga tra le grandi catene di distribuzione in Italia: su determinati acquisti, si promette lo sconto applicato all’Iva e alla sua aliquota, attualmente pari al 22%.

MC ritiene infatti che questi messaggi pubblicitari siano potenzialmente in grado di far credere al consumatore che lo sconto applicato sia corrispondente all’aliquota Iva, mentre si tratta, nella maggior parte dei casi esaminati, di un rimborso o sconto pari al 18,04% del prezzo finale per il consumatore.

Questa precisazione, talvolta presente – sebbene in forme e caratteri meno evidenti rispetto al messaggio principale o accessibile a seguito di lettura di specifiche condizioni dell’offerta – non appare sufficiente a rendere chiaro l’effettivo sconto che costituisce un indubbio elemento comparativo e che induce quindi il consumatore a ritenere che a fronte di uno “sconto Iva 22%”, possa ricevere uno sconto del 22% sul prezzo (pari all’aliquota Iva) piuttosto che uno sconto pari all’imposta stessa calcolata aumentando del 22% l’imponibile. Fare riferimento per le modalità di determinazione dello sconto applicato all’ “imponibile” piuttosto che allo “scorporo” richiede una conoscenza degli aspetti commerciali diversa e superiore a quella richiesta al consumatore medio, in quanto il prezzo di vendita del bene al consumatore è sempre comprensivo dell’Iva e di ogni altra imposta applicabile.

Movimento Consumatori auspica, quindi, che l’Antitrust si esprima in merito a questa pratica promozionale, che, specialmente negli ultimi tempi, imperversa su volantini pubblicitari, cataloghi e siti Internet di numerose grandi catene di distribuzione, chiarendo se sia ingannevole o meno.

Si ricorda infatti che l’art. 21, comma 1 del D. Lgs. 206/2005 considera ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o piu’ dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, precisando riguardo agli elementi alla lettera d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo.




Fatturazione a 28 giorni. Accolta azione collettiva di Movimento Consumatori: condannate Tim, Wind e Fastweb

IL TRIBUNALE DI MILANO NE HA CONFERMATO ILLEGITTIMITA’ DA GIUGNO 2017. L’ASSOCIAZIONE ORA CHIEDE IMMEDIATI RIMBORSI O PARTE CLASS ACTION

Con tre ordinanze cautelari pubblicate oggi il tribunale di Milano – Sezione Undecima Civile nella persona della dott.ssa Rosita d’Angiolella – ha accolto le domande del Movimento Consumatori che aveva richiesto di inibire a Tim, Wind e Fastweb ogni sistema di fatturazione a 28 giorni per la telefonia fissa e ogni pattuizione contrattuale che consentisse cicli di rinnovo e fatturazione per periodi inferiori al mese o a suoi multipli.

Il tribunale ha affermato che le clausole che hanno consentito la fatturazione a 28 giorni sono illegittime e che l’applicazione di questo sistema è una pratica commerciale scorretta che ha gravemente danneggiato i consumatori. Come sottolineato dai provvedimenti del giudice si tratta di illeciti che hanno riguardato milioni di consumatori, arrecando un vantaggio ingiusto a tutte le compagnie di circa 900 milioni di euro, connotati da un “perdurante comportamento della società convenuta che denota un grave elemento soggettivo di dolo”. Il giudice inoltre ha condannato le tre compagnie – entro cinque giorni dalla data di comunicazione dell’ordinanza – a pubblicare sulla home page dei loro siti un avviso con un estratto del provvedimento e entro sette giorni a pubblicare il dispositivo, per una volta, sui quotidiani la Repubblica e Corriere della Sera.

“Questi provvedimenti – affermano Paolo Fiorio e Corrado Pinna, che hanno assistito il Movimento Consumatori nelle cause – sono di estrema importanza e fanno finalmente chiarezza sui diritti dei consumatori, in linea con la l. 172/2017 che ha imposto la fatturazione mensile e con la decisione del Tar che ha confermato la delibera dell’Agcom che, per i contratti relativi alla telefonia fissa, imponeva la fatturazione su base mensile. Le clausole che da giugno 2017 hanno consentito il rinnovo e la fatturazione a 28 giorni per i contratti di telefonia fissa sono nulle con la conseguenza che le compagnie non potranno più rifiutarsi di stornare gli importi indebitamente pagati dai consumatori”.

“La vicenda della fatturazione a 28 giorni – osserva Alessandro Mostaccio, segretario generale MC –  ha distorto ogni dinamica concorrenziale del mercato e i fondamentali presidi della trasparenza e della correttezza. Quadro che si aggraverebbe ulteriormente qualora il procedimento avviato dall’Antitrust sull’esistenza di un intesa restrittiva della concorrenza tra le principali compagnie, trovasse conferma. Movimento Consumatori invita tutte le compagnie telefoniche a restituire immediatamente quanto indebitamente percepito. In caso contrario l’associazione promuoverà un’azione di classe per tutelare milioni di cittadini ingiustamente danneggiati”.

Per informazioni: sostelefonia@movimentoconsumatori.it 

 




Veneto Banca: accolta la richiesta di Movimento Consumatori di citare anche Intesa Sanpaolo

Novità nel processo Veneto Banca.

Nell’udienza di oggi, il GUP di Roma, Lorenzo Ferri, accogliendo anche la richiesta del Movimento Consumatori, ha disposto la citazione in giudizio di Intesa Sanpaolo come responsabile civile per i reati di ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio di cui sono accusati gli ex manager e sindaci della banca trevigiana. 

 Il giudice ha ritenuto che la cessione al prezzo simbolico di 1 euro di Veneto Banca a Intesa, disposta dal Governo con il decreto legge n. 99 del 2017, ricomprenda anche il diritto al risarcimento dei danni subiti dagli azionisti e dalle altre parti civili costituite in questo processo. Danni patiti in conseguenza della commissione – per ora solo presunta – di operazioni volte a impedire – da un lato, lo svolgimento corretto e efficace della funzione di vigilanza di Consob e Banca d’Italia (impedendo loro di scoprire prima il dissesto finanziario di Veneto Banca) e dall’altro, a diffondere ai mercati finanziari false informazioni sullo stato patrimoniale della banca.

Nel processo penale il responsabile civili è colui che è chiamato a risarcire i danni causati alle vittime dei reati in solido con gli autori degli illeciti. Alla prossima udienza Intesa Sanpaolo potrà costituirsi in giudizio, chiedendo di essere esclusa.

“Se il GUP confermerà l’importante decisione odierna – afferma Alessandro Mostaccio, segretario generale MC – si aprirà per tutti gli azionisti e obbligazionisti subordinati di Veneto Banca un ulteriore spiraglio per poter recuperare i risparmi investiti, oltre a quello rappresentato dalle iniziative già avviate anche dalla nostra associazione in sede civile”.

Nell’udienza di oggi sono state respinte invece le richieste di altri azionisti di citare sempre come responsabili civili Banca d’Italia, Consob, Banca Apulia e la stessa Veneto Banca in liquidazione e di altri soggetti incaricati di revisionare e certificare i bilanci dell’istituto bancario veneto.




Ritorno a fatturazione mensile. Movimento Consumatori diffida Vodafone su modalità di comunicazione ai clienti

Movimento Consumatori ha diffidato Vodafone per pratiche commerciali scorrette nella comunicazione ai clienti sul ritorno alla fatturazione mensile a seguito della legge 172 del 2017.

L’associazione, grazie a numerose segnalazioni dei consumatori, ha verificato che la società sta comunicando le modifiche contrattuali relative a questo ritorno alla fatturazione mensile con messaggi illegittimi sotto diversi profili.

In particolare, MC ritiene, da un lato, che l’operatore non espliciti in maniera chiara che le modifiche riguardano non solo la periodicità dei rinnovi contrattuali e della fatturazione, ma anche il corrispettivo; dall’altro che sia ingannevole l’informazione secondo cui la “spesa complessiva annuale non cambia“; questo perché il corrispettivo per i servizi telefonici non viene mai valutato su base annuale, bensì prendendo sempre a riferimento temporale, per la valutazione e il confronto del prezzo dei servizi, l’unità temporale di rinnovo che è e resta mensile.

Inoltre, nei messaggi in questione Vodafone non specifica al consumatore né che è possibile, né come esercitare il diritto di recesso, disattendendo così l’all. 1 del Regolamento  Agcom  519 del 2015 – emanato proprio per tutelare i clienti di utenze mobili –  in base al quale l’operatore deve inviare alle utenze interessate un SMS informativo che inizi con la dicitura “Modifica delle condizioni contrattuali” o similare, indicando, almeno, il contenuto delle modifiche e la loro entrata in vigore, con l’invito a verificarne i dettagli tramite canali divulgativi, fermo restando l’obbligo di informativa sul diritto di recesso.

Censurabile è inoltre il fatto che Vodafone non abbia pubblicato alcuna “apposita informativa presso i punti vendita e sul proprio sito web, con avviso in home page”, come invece imposto dal Regolamento.

“Questi comportamenti sono pratiche commerciali scorrette – spiega Alessandro Mostaccio, segretario generale MC – e non rispettano il diritto dei consumatori alla trasparenza, correttezza e equità nei rapporti contrattuali. Diffidiamo, quindi, Vodafone a cessare entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della diffida l’illegittima procedura di modifica delle condizioni contrattuali, a correggerle e a comunicarle sulla home page del suo sito Internet. Chiediamo inoltre che venga restituito ai clienti ogni maggiore importo corrisposto in conseguenza delle condizioni contrattuali illegittimamente modificate”.

L’associazione si riserva di segnalare questi comportamenti all’Antitrust e all’Agcom e di promuovere ogni azione, anche cautelare, a tutela dei consumatori danneggiati dai comportamenti imputabili alla società, anche prima del decorso del termine di 15 giorni per l’adempimento alle diffide.

Per informazioni: sostelefonia@movimentoconsumatori.it

 




Veneto Banca. Movimento Consumatori ammesso parte civile chiede di poter citare nel processo anche Intesa San Paolo

Al termine dell’udienza di oggi del processo Veneto Banca, il GUP di Roma, Lorenzo Ferri ha ammesso  la costituzione di parte civile del Movimento Consumatori e di migliaia di risparmiatori (circa 4500) danneggiati dai reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza di cui sono accusati gli ex manager e sindaci della banca.

E’ stata respinta la richiesta delle difese di acquisire d’ufficio gli elenchi di coloro che avevano aderito all’Offerta di transazione formulata da Veneto Banca, al fine di escludere dal processo penale i singoli azionisti o obbligazionisti subordinati che avevano sottoscritto tale contratto che comprende una clausola di rinuncia alla costituzione di parte civile nei processi contro gli amministratori del gruppo bancario.

Movimento Consumatori ha anche formulato richiesta di poter citare nel processo penale Intesa Sanpaolo quale cessionario dei diritti e degli obblighi (in questo caso risarcitori) maturati dai soggetti danneggiati dai reati nei confronti di Veneto Banca, ora in liquidazione.

L’associazione ha chiesto al giudice di valutare la (ed eventualmente sollevare una questione di) costituzionalità della norma del D.L. 99 2017 (poi convertito nella legge 121/2017) che dando il via alla liquidazione della banca e alla cessione dell’azienda a Intesa Sanpaolo parrebbe escludere dal novero dei creditori ‘ceduti’ proprio gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati che – proprio in conseguenza di questa possibile esclusione – al momento hanno pochissime possibilità di recuperare i propri risparmi dalla liquidazione di Veneto Banca, società che essendo in situazione di accertato dissesto o pericolo di dissesto non sarebbe in grado di soddisfare, a differenza di Intesa Sanpaolo, le loro ragioni risarcitorie.

Oltre a Intesa Sanpaolo le altre parti civili hanno chiesto la citazione anche di Veneto Banca, Banca Apulia, Consob, Banca d’Italia e Price Waterhouse & Cooper.

Se la richiesta del Movimento Consumatori fosse accolta, Intesa San Paolo potrebbe  essere chiamata a rispondere dei danni causati agli investitori di Veneto banca, in solido con gli imputati in caso di condanna di questi ultimi, per i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza.

“Indubbiamente si tratterebbe di una bocciatura per la soluzione frettolosa che il Governo ha voluto attuare per salvare la banca veneta – spiega Alessandro Mostaccio, segretario generale MC –  di fatto regalandola a Intesa e facendo pagare il prezzo del salvataggio ai risparmiatori che rischiano di essere in gran parte esclusi dalla ripartizione degli eventuali ricavi ottenuti dai Commissari liquidatori della banca. Lo Stato infatti vanta su queste potenziali somme un privilegio giustificato, se così si può dire, dall’interesse pubblico di recuperare i contributi statali dati a Intesa per l’acquisizione di un’azienda ripulita dai debiti più rischiosi”.

Per informazioni: venetobanca@movimentoconsumatori.it